Valle Sacchetta Sacchettina

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visitata lo scorso 13 novembre

lunedì 23 maggio 2011

Anguille: facciamo il punto da slowfish.it

In Europa, negli ultimi trent’anni la popolazione di anguille è andata incontro a un costante declino, al punto da essere inclusa nella lista delle specie in pericolo di estinzione stilata dalla Iucn (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.

Capire le dinamiche e le cause che hanno portato fino a questo punto non è facile, anche per le molte domande ancora senza risposta sul loro ciclo vitale e sul percorso che compiono per raggiungere le nostre coste. L’anguilla europea depone le uova e si riproduce nel Mar dei Sargassi; da qui le larve migrano verso est e raggiungono le zone dell’Atlantico orientale, dove colonizzano le coste e le acque interne. Dopo qualche anno e un paio di metamorfosi, le anguille adulte raggiungono la maturità sessuale, emergono dai fondali e nuotano in superficie seguendo l’istinto che le porterà a ripercorrere le correnti per raggiungere i Sargassi per riprodursi. Date le difficoltà nel seguire le anguille nel loro percorso, ancora diversi particolari non sono stati chiariti, cosa che non contribuisce a capire come riuscire a farle riprodurre anche in cattività.

Sicuramente, le cause dell’impoverimento della specie sono da rintracciarsi in più fattori a partire dalla pesca eccessiva e dalla possibile presenza di nuovi parassiti, fino ad arrivare al riscaldamento delle acque, alla modifica e alla perdita di habitat e all’inquinamento. Il cambiamento delle condizioni climatiche e il riscaldamento globale potrebbero aver causato l’alterazione delle correnti marine che indirizzavano le anguille durante la migrazione, rendendo il tragitto più lungo e faticoso o addirittura impossibile da percorrere. Inoltre negli ultimi anni la maggior parte dei corsi d’acqua interni sono stati modificati con l’inserimento di diversi sbarramenti, cosa che ha reso più difficile la risalita delle anguille dai mari verso i loro habitat usuali influenzando in qualche modo lo sviluppo e il raggiungimento della maturità sessuale. Anche l’inquinamento delle acque potrebbe aver giocato la sua parte: le anguille, infatti, durante la migrazione che le riporta ai Sargassi non si nutrono, ma vivono dei grassi accumulati durante l’accrescimento nelle acque interne. Tuttavia la presenza di sostanze inquinanti nelle acque e, quindi, nei tessuti delle anguille può alterare l’accumulo adiposo e persino la fertilità.

A complicare le cose c’è anche il fatto che riprodurre le anguille in cattività si è finora dimostrato molto difficile, se non addirittura impossibile. Ultimamente qualche passo avanti almeno in questa direzione sembra essere stato fatto, come dimostrano i recenti progressi del Presidio dell’Anguilla delle Valli di Comacchio dove i numerosi sforzi per migliorare e incrementare lo stock dell’allevamento stanno dando i primi frutti. In ogni caso ridurre i livelli di pesca, limitandola ai soli esemplari adulti e ai periodi giusti che vanno dall’autunno all’inverno, è la prima misura da osservare per evitare che lo stock di anguille si impoverisca ulteriormente. Del resto, questo è esattamente il modo in cui si è sempre comportata la pesca artigianale: i pescatori del Presidio dell’anguilla dei laghi della Tuscia, ad esempio, pescano solo da settembre a dicembre e praticano un metodo di pesca altamente selettivo che non cattura le anguille ancora immature, ma cattura solo una parte di quelle adulte che si avvicinano alla superficie del lago per iniziare la migrazione che le porterà verso i Sargassi.

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