Valle Sacchetta Sacchettina

Valle Sacchetta Sacchettina
visitata lo scorso 13 novembre

lunedì 21 marzo 2011

da nationalgeographic.it

di Paolo Guidetti
In Mediterraneo, culla di civiltà antiche, la pesca è praticata sin dalla preistoria. La piccola pesca tradizionale, pur nella sua attuale natura "commerciale", porta con sé una molteplicità di elementi culturali e storici, accumulatisi nei secoli e tramandati oralmente.

Le comunità di pescatori che vivono lungo le coste del Mediterraneo hanno molti tratti in comune, ma anche tantissime peculiarità che rendono il Mediterraneo una realtà straordinaria in termini di diversità culturale (non meno importante ed altrettanto soggetta ad erosione della diversità biologica).

La piccola pesca tradizionale sta tuttavia attraversando un periodo di crisi profonda e non sono pochi quelli che ormai la considerano "in via di estinzione”. Perdere per sempre questa attività tradizionale, tuttavia, significa perdere non solo un'attività che produce reddito ed occupa (direttamente o per indotto) moltissime persone, ma implica soprattutto le perdita di uno straordinario patrimonio di cultura.

È necessario, quindi, proteggere la diversità culturale del Mediterraneo tanto quanto quella biologica. Per la pesca tradizionale, questo obiettivo si può ottenere
indirizzandola verso la sostenibilità ecologica. Ciò può essere fatto sperimentando nuovi approcci.

Nelle Aree marine protette italiane (AMP), una parte (la zona A) è destinata alla conservazione (non vi si può pescare e non vi si può accedere), mentre una porzione ben più grande (le zone B e C) è destinata ad attività umane, pesca inclusa, da regolamentarsi nell'ottica della sostenibilità ecologica. Le AMP sono quindi lo scenario più adeguato per sperimentare nuovi approcci alla pesca tradizionale.

Presso l'AMP di Torre Guaceto, in Puglia, è stata fatta a riguardo un'esperienza unica.
L'AMP ha una zona centrale dove non è consentito pescare. Tale divieto è stato rispettato dal 2000 (quando è stato nominato il consorzio di gestione) al 2005, quando è iniziato un progetto di co-gestione adattativa della pesca tradizionale in cui il ruolo della ricerca è stato essenziale.

Si è provveduto ad identificare l'attrezzo di pesca meno impattante (cioè che non producesse gravi danni ai fondali, non pescasse i giovanili, né specie ecologicamente importanti) tra quelli tradizionalmente già usati dai pescatori.

Successivamente, insieme ai pescatori ed alla direzione dell'AMP (co-gestione), si è deciso di pescare solo una volta a settimana unicamente nella zona C dell'AMP, con reti più corte e maglie più larghe. Si è deciso inoltre che la pesca sarebbe stata monitorata per prendere di anno in anno le decisione più corrette per gestirla al meglio (questa è la componente 'adattativa').

I risultati: 1) dentro l'AMP, soprattutto in zona A, si è assistito negli anni ad un recupero della fauna ittica e dell'ecosistema nel suo complesso.

2) il recupero della fauna ittica dentro l'AMP ha prodotto il cosiddetto spillover, cioè la tendenza dei pesci, abbondanti dentro l'AMP e soprattutto nella zona A, ad uscire da essa, a vantaggio dei pescatori; grazie all'accordo di co-gestione in zona C dell'AMP i pescatori hanno mediamente realizzato dopo il 2005 catture tra due e tre volte superiori rispetto alle catture normalmente ottenute al di fuori dell'AMP

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