Proposto uso piattaforme petrolio come vivai pesci
Scienziati, cambiare legge che ne prevede rimozione dopo 20 anni
(ANSA) - SYDNEY, 21 APR - Le piattaforme petrolifere in disuso, che per legge andrebbero rimosse a forte costo dopo 20 anni di attività, dovrebbero invece essere lasciate al loro posto per diventare vivai di pesci e proteggerli così dai pescherecci a strascico illegali. La proposta viene da scienziati marini dell'Università di tecnologia di Sydney, che ponderano il futuro dei più di 6000 impianti di trivellazione sparsi fra gli oceani. 
"Vi è un gran numero di piattaforme da smantellare in un prossimo futuro, perché hanno raggiunto la fine della loro vita produttiva, oppure perché non c'é più petrolio, e si pone la questione di cosa fare con queste strutture", si chiede il prof. Peter Macreadie sulla rivista Usa, Frontiers in Ecology and the Environment.
"Nel mare profondo non vi sono molti habitat con strutture solide come i banchi corallini, e l'aggiunta di nuove strutture può potenziare la popolazione delle specie ittiche". Macreadie osserva che i pescherecci illegali che operano in aree di acque profonde stanno decimando le popolazioni dei banchi corallini.
"Ciò che è devastante è che le specie di profondità hanno tassi di crescita molto lenti, si riproducono tardi nella vita, anche dopo 30 anni, e sono vulnerabili allo sfruttamento. Formano grandi aggregazioni attorno a strutture di profondità, che sono molto rare".
"Quando i pescatori scoprono tali aggregazioni, possono decimare intere popolazioni, molte generazioni, con un solo blitz delle loro reti", prosegue lo studioso. "Da qui l'idea delle piattaforme in disuso, che hanno molto spazio vuoto all'interno dove i pesci possono rifugiarsi al sicuro dai pescherecci". Resta l'ostacolo dei cambiamenti legislativi necessari per mettere in pratica la proposta. "La legislazione corrente richiede che siano smantellate, rimosse e riciclate a terra, ma bisogna rendersi conto che vi è un utilizzo molto migliore, oltre al fatto che manca ancora la tecnologia per rimuoverle". (ANSA)
"Vi è un gran numero di piattaforme da smantellare in un prossimo futuro, perché hanno raggiunto la fine della loro vita produttiva, oppure perché non c'é più petrolio, e si pone la questione di cosa fare con queste strutture", si chiede il prof. Peter Macreadie sulla rivista Usa, Frontiers in Ecology and the Environment.
"Nel mare profondo non vi sono molti habitat con strutture solide come i banchi corallini, e l'aggiunta di nuove strutture può potenziare la popolazione delle specie ittiche". Macreadie osserva che i pescherecci illegali che operano in aree di acque profonde stanno decimando le popolazioni dei banchi corallini.
"Ciò che è devastante è che le specie di profondità hanno tassi di crescita molto lenti, si riproducono tardi nella vita, anche dopo 30 anni, e sono vulnerabili allo sfruttamento. Formano grandi aggregazioni attorno a strutture di profondità, che sono molto rare".
"Quando i pescatori scoprono tali aggregazioni, possono decimare intere popolazioni, molte generazioni, con un solo blitz delle loro reti", prosegue lo studioso. "Da qui l'idea delle piattaforme in disuso, che hanno molto spazio vuoto all'interno dove i pesci possono rifugiarsi al sicuro dai pescherecci". Resta l'ostacolo dei cambiamenti legislativi necessari per mettere in pratica la proposta. "La legislazione corrente richiede che siano smantellate, rimosse e riciclate a terra, ma bisogna rendersi conto che vi è un utilizzo molto migliore, oltre al fatto che manca ancora la tecnologia per rimuoverle". (ANSA)


Falsi filetti di cernia, moscardini spacciati per polpi, persico africano che sembra dei nostri laghi perché sull'etichetta non è indicata la provenienza. Questo e altro hanno trovato gli esperti di Altroconsumo che hanno acquistato in tutta Italia, in 55 punti vendita 160 campioni di pesci e molluschi scoprendo che  nel 44% dei casi  le etichette sono scorrette o ingannevoli. Il rischio di frodi aumenta  quando si acquistano filetti di pesce. 
tranci di pesce, soprattutto nelle pescherie e dagli ambulanti», spiega a Ilfattoalimentare.it Valentina Tepedino, veterinario e direttore del mensile specializzato 
conformità o sono stati fatti pochi prelievi o non ci sono riferimenti utili ad una identificazione certa».
banco con etichette chiare, dove la provenienza viene indicata in modo esplicito (per esempio Mar Mediterraneo e non come Zone FAO n° 37.1, 37.2 e 37.3  che  indicano sempre il Mediterraneo ma sono incomprensibili ai piùi.  Un altro elemento importante  è la presenza di cartellini che differenziano bene ltra pesce fresco e quello decongelato».




Insieme a notizie apprentemente tranquillizzanti, come la chiusura della rottura nel reattore 2, che per quasi un mese ha tenuto scoperte barre di combustibile in fusione nucleare, ci si interroga sul significato della immissione nell'Oceano Pacifico di quantità eneormi di acqua radioattiva e delle sue conseguenze sulla catena alimentare.![Radiation Leakage From Fukushima Nuclear Power Plant A Concern For Japanese Fisheries. [ARCHIVE MATERIAL 20110329 ]](http://www.ansa.it/webimages/mida/foto_large/2011/4/6/452eb75b98fb039e1de37a2f0703f05d_774034.jpg)
La  Organización de Consumidores y Usuarios (Ocu) ha cercato gli acidi grassi Omega-3 in 27 diversi alimenti. La regolare assunzione di questi acidi grassi nella dieta è consigliata dai nutrizionisti perché fanno bene al sistema cardiovascolare e a quello cerebrale. Il migliore? La sardina in scatola: è assai ricca di acidi grassi benefici, costa poco e non pregiudica gli equilibri dell’ecosistema. 
latte e loro derivati – può fornire in media 800-1000 mg di Omega-3 al giorno. Ma oggi, con il progressivo abbandono delle tradizioni alimentari, ne stiamo assumento sempre di meno.
«Oggi la gente sa che il pesce fa bene alla salute, ma non lo consuma abbastanza: per la difficoltà di preparazione, la paura delle lische e il prezzo», spiega Carmen Gómez Candela, responsabile dell’unità di nutrizione clinica e dietetica all’ospedale La Paz di Madrid. E allora, quando non si ha occasione o possibilità di acquistare pesce fresco, si ha poca voglia o poca dimestichezza nel prepararlo, si apra una conserva di sardine. 
sono un ingrediente chiave di molti piatti scandinavi, così come le acciughe – e in minor misura, anche le sardine – lo sono nei paesi del Mediterraneo. Queste buone abitudini vanno però lentamente a perdersi: è difficile preservarle ed è ancor più difficile esportarle nel resto del mondo. Poiché si tratta  di pesci piccoli, spinosi e molto saporiti. 