Valle Sacchetta Sacchettina

Valle Sacchetta Sacchettina
visitata lo scorso 13 novembre

venerdì 25 febbraio 2011

da www.agi.it

PESCA: CONFAGRICOLTURA, NELLA UE SERVE POLITICA PER ACQUACOLTURA

15:10 24 FEB 2011 

(AGI) - Roma, 24 feb.- "La riforma della politica comune della pesca (PCP), necessariamente dovra' tenere in considerazione l'acquacoltura riuscendo a coniugare le esigenze di sviluppo del comparto con una equilibrata gestione delle risorse ". Lo ha detto il presidente dell'Associazione piscicoltori italiani di Confagricoltura, Pier Antonio Salvador, alla Fiera di Roma, in occasione del convegno: "Dall'acquacoltura marina, dalla vallicoltura alla maricoltura". Il professor Stefano Cataudella, dell'Universita' di Tor Vergata, ha aperto i lavori del convegno, promosso dal ministero delle Politiche agricole in vista della prossima riforma della PCP che sara' operativa dal 2013, riassumendo lo "stato dell'arte" dell'acquacoltura italiana. "L'allevamento, da cui in futuro dipendera' sempre piu' l'approvvigionamento di prodotti ittici - ha sostenuto - non avra' certamente una posizione di secondo piano nella futura politica comune, occorre percio' fornire alla Commissione UE proposte capaci di potenziare l'acquacoltura, risolvendo quelle problematiche che, finora, ne hanno frenato lo sviluppo".
  "Rispetto al passato l'acquacoltura ha un approccio piu' sereno con il mondo della pesca; i settori, infatti, sono complementari, non in competizione tra loro - ha rilevato Salvador -. E l'allevamento ittico ha un ruolo prezioso in termini di sostenibilita' ambientale, economica e sociale soprattutto nelle aree marginali". Il presidente dell'API ha anche sottolineato la necessita' di accrescere il rapporto tra ricerca, produzione e ambiente, nonche' il legame tra sicurezza alimentare e sicurezza sociale: "Occorre che ci siano maggiori garanzie sulle produzioni extracomunitarie, ma anche piu' attenzione in ambito comunitario, dove le condizioni di lavoro e di tutela del lavoratore non sono uguali alle nostre". A parere del presidente dei piscicoltori di Confagricoltura la nuova PCP, infine, dovra', andare verso un'effettiva semplificazione burocratica, uguale in tutti i Paesi e prevedere forme di sostegno indifferenziate tra tutte le Regioni. (AGI) Bru

martedì 22 febbraio 2011

In programma alla Fiera di Roma fino al 27 febbraio

Big Blu/ Non solo barche, ma anche convegni

postato 18 ore fa da TMNews
Roma, 21 feb. (TMNews) - A Big Blu in programma alla Fiera di Roma fino al 27 febbraio non solo barche ma anche un ricco calendario di convegni. In particolare domani martedì 22 febbraio alle ore 12 nel Padiglione 11, Pelagos presenta la 13° edizione del Festival Internazionale del Mare, mentre alle 15.00 il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali organizza il convegno "L'acquacultura marina dalla vallicoltura alla maricoltura". Al Padiglione 14 invece, alle ore 15.30 si terrà il convegno "Orientamento allo sviluppo e strumenti per la crescita delle PMI del Lazio", a cura di Sviluppo Lazio.
postato 18 ore fa da TMNews

 

giovedì 10 febbraio 2011

da federpesca.net

La Piccola Pesca


La piccola pesca è per definizione quella effettuata dalle imbarcazioni non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda. Le dimensioni del natante permettono di essere operativi con costi di investimento e di esercizio contenuti. Inoltre, l'impossibilità di spingersi oltre le 20 miglia dalla costa fa sì che le capacità di pesca, di lavorazione, conservazione e stivaggio del prodotto non siano neanche lontanamente paragonabili e a quelle delle grandi barche. In Italia questa parte della flotta è però di tutto rilievo. Si contano infatti 8.680 imbarcazioni di piccola pesca (1997), che rappresentano oltre il 53% della flottiglia nazionale. La piccola pesca è particolarmente presente nel Mar Tirreno con 2.083 natanti e in Adriatico con 1.640 barche. Gli attrezzi impiegati dalla piccola pesca sono soprattutto reti da posta, nasse e palangari.
    

Il progetto nasce dalla volontà di contrastare la crisi del settore della piccola pesca costiera e di supportarla in quanto attività produttiva altamente selettiva ed eco-compatibile.

I soggetti attuatori puntano a riqualificare il comparto rivolgendosi direttamente ai pescatori attraverso un percorso di informazione, formazione e consulenza progettuale.  Si rende noto che tale progetto è stato presentato dal Consozio unitario Uniprom.

La dimensione del natante che esercita piccola pesca si contraddistingue per le ridotte dimensioni, che permettono di operare con costi di investimento e di esercizio contenuti. Le imprese che utilizzando simili imbarcazioni sono sovente di piccole dimensioni e sono organizzate in forma cooperativa e prevalentemente a conduzione familiare, con un equipaggio di 1 o 2 persone, che difficilmente raggiunge i 4 imbarcati.

La tipicità di tale pesca deriva anche dagli attrezzi da pesca utilizzati: gli attrezzi tipici della piccola pesca sono infatti riconosciuti come altamente selettivi, nel senso che per loro dimensioni e caratteristiche catturano solo prevalentemente individui di determinate specie e solo a partire da determinate taglie. Pertanto, l’impatto ambientale è inferiore rispetto a quello determinato dalla pesca con altri sistemi, anche se l’area di attività coincide con la zona costiera e da un punto di vista ecologico è la fascia dove si esercita una maggior pressione sull’ambiente da parte delle attività umane ed è evidente che anche l’attività di pesca artigianale contribuisce ad accrescere l’impatto su questa area per l’equilibrio dell’ambiente marino.
 
 

lunedì 7 febbraio 2011

da ilpuntocoldiretti.it

da osservatorio Balcani e Caucaso

Pescamed: cooperazione a tutela delle risorse marine

Sono stati presentati a Bari i risultati del progetto 'Pescamed' che ha coinvolto, oltre all'Italia, quattro paesi del sud-est Europa e cinque paesi del sud del Mediterraneo. Con l'iniziativa si è cercato di convogliare l'attenzione di istituzioni e società civile sui temi della conservazione delle risorse biologiche dei mari, dell’integrità degli ecosistemi marini, nonché sui problemi dei pescatori e delle imprese legate alla pesca
Fonte: IAMB - Istituto Agronomico Mediterraneo - Bari
Elaborazione di Osservatorio Balcani e Caucaso
Si è svolta lo scorso 27 gennaio 2011, all’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari del Ciheam  (International Centre for Advanced Mediterranean Agronomic Studies ) , la riunione conclusiva del progetto "Pescamed: Sviluppo della cooperazione nel settore della pesca nel Mediterraneo, mondo del lavoro, organizzazioni dei produttori, organizzazioni dei consumatori e formazione".
articolo SeeNet
Finalità del progetto l’analisi delle attività legate alla pesca marittima, alle Organizzazioni sindacali settoriali ed alle associazioni, cui ha fatto seguito un’attività di alta formazione a supporto delle istituzioni dei paesi del Mediterraneo, di divulgazione dei risultati, incontri e workshop rivolti ai rappresentanti dei paesi che hanno partecipato allo stesso (Italia, Croazia, Montenegro, Albania, Turchia, Siria, Libano, Egitto, Libia, Tunisia, Algeria e Marocco).
Pescamed è stato finanziato dal Ministero italiano delle politiche agricole, alimentari e forestali - Direzione generale pesca marittima e acquacoltura ed attuato dall’Iam di Bari.
Il progetto Pescamed, della durata di 1 anno, è stato finanziato dal Ministero italiano delle politiche agricole, alimentari e forestali - Direzione generale pesca marittima e acquacoltura ed attuato dall’Iam di Bari per un importo di 920.000 euro ed è stato attuato dall’Istituto Agronomico Mediterraneo.
Attraverso il coinvolgimento dell’Iamb, in un’ottica di cooperazione internazionale, si è potuto attivare un dialogo tra i paesi della riva sud ed est del Mediterraneo al fine di rendere attori del proprio sviluppo gli stessi pescatori. Il programma di Pescamed è stato articolato in tre fasi: raccolta delle informazioni nei paesi attraverso la partecipazione attiva degli esperti, formazione e dibattito. Con tale iniziativa si è inteso convogliare l’attenzione delle istituzioni e della società civile sui temi della conservazione delle risorse biologiche dei mari, dell’integrità degli ecosistemi marini, nonché sui problemi dei pescatori e delle imprese legate alla pesca.
È necessario conoscere meglio il mondo della pesca, delle organizzazioni dei pescatori, delle organizzazioni sindacali e, soprattutto, creare un dialogo tra essi per far crescere una filosofia comune, che regoli ed integri le scelte di tutti gli attori della filiera. Lo sviluppo di una pesca responsabile e sostenibile nel Mediterraneo dipende non solo dalla capacità di regolare l’accesso alle risorse per consentirne una effettiva rinnovabilità, ma richiede, soprattutto, una ampia base conoscitiva sullo stato delle risorse biologiche dei mari e degli ecosistemi marini in generale.

Per approfondire 

I risultati del progetto Pescamed verranno raccolti, dopo l'analisi da parte dei rappresentati dei paesi coinvolti nel progetto, in un report che verrà a breve pubblicato sul sito Pescamed
Il Ciheam  è un Organismo intergovernativo al quale aderiscono 13 paesi mediterranei. Per quanto riguarda il sud-est e sud europeo, ne fanno parte Grecia, Turchia e Albania.
L' Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari - Iamb , è la struttura operativa italiana del Ciheam e, in quanto tale, gode dei privilegi di extraterritorialità riconosciuti dalla Repubblica Italiana agli organismi internazionali
La pesca eccessiva, non regolata ed illegale ha, unitamente a molteplici impatti antropici, comportato il declino di molti stock ittici; dunque è necessario portare l’attenzione delle istituzioni nazionali e delle organizzazioni internazionali sullo stato delle risorse e sulle misure di conservazione e gestione delle stesse. Lo sviluppo delle misure di conservazione comporta una serie di ripensamenti sulle modalità di esercitare la pesca, ad esempio, più selettiva, con modelli di regolazione condivisi, con sistemi di controllo equi ed efficaci.
Tali misure hanno, comunque, effetti sulla base sociale, sui mercati, sulle economie costiere. Gli attori di tale scenario sono: i cittadini che consumano i prodotti della pesca; gli Stati che dispongono di un bene collettivo rappresentato dalle risorse; i pescatori che, dalla loro attività, traggono opportunità economiche ed occupazionali. Le imprese della pesca e le loro organizzazioni devono, quindi, essere attori primari nello sviluppo delle politiche della pesca attraverso le associazioni di categoria. Analogamente, i lavoratori dipendenti devono essere attori dello sviluppo di una pesca responsabile, grazie, anche, a condizioni di lavoro e di retribuzioni eque.
E’ necessario creare un flusso di informazioni tra le organizzazioni dei vari paesi. E’ necessario, altresì, che i governi nazionali e le organizzazioni internazionali prendano atto delle posizioni che emergono dal mondo delle imprese e dei sindacati della pesca, al fine di perseguire lo sviluppo di una pesca responsabile che consideri le componenti ecologiche, economiche, sociali e giuridiche. Le Istituzioni nazionali ed internazionali, gli istituti di ricerca, le organizzazioni non governative, devono dare priorità agli studi sugli aspetti sociali e sulla governance del sistema pesca nelle varie realtà geografiche, privilegiando lo sviluppo di reti che facilitino lo scambio di esperienze, di informazioni e che portino ad un sistema di regole comuni e condivise.
I risultati di Pescamed sono stati raccolti in un rapporto che, dopo l’analisi da parte dei rappresentanti dei Paesi coinvolti nel progetto, sarà pubblicato sul sito dedicato al progetto stesso. Tale documento di sintesi non ha finalità di natura politica, né implica responsabilità o scelte da parte dei partecipanti, consci che tale materia è prerogativa delle autorità politiche preposte nelle sedi internazionali opportune.

da coldiretti.it

N.23 - 11 gennaio 2011


PESCA; COLDIRETTI: PERSO 12% PRODUZIONE, BENE STOP A ILLEGALITA’

Lo stop alla pesca illegale rappresenta un fattore importante per un settore che nel giro di due anni ha perso il 12 per cento della produzione. E’ quanto afferma ImpresaPesca Coldiretti in riferimento alla presentazione dei risultati dell'attività ispettiva di vigilanza e controllo portata avanti dalle Capitanerie di porto e dal Ministero sull'intera filiera della pesca nel 2010.

Nel giro di due anni – denuncia ImpresaPesca Coldiretti - il settore ittico ha perso il 12 per cento della produzione e l’11 per cento dei ricavi, sulla base degli ultimi dati resi noti dall’Irepa, l’Istituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l'Acquacoltura. Una situazione che ha finito per impoverire i pescatori italiani e favorire la concorrenza dei prodotti stranieri, con le importazioni dall’estero che nei primi otto mesi del 2010 hanno fatto segnare un aumento del 2 per cento.

“Occorre tolleranza zero verso chi fa della pesca di frodo una vera e propria attività economica, prelevando pesci di piccola taglia alla faccia delle normative e danneggiando i pescatori onesti – spiega Tonino Giardini, presidente di ImpresaPesca Coldiretti -. In tale ottica è importante soprattutto un rigido controllo delle dimensioni delle maglie delle reti, poiché in questo modo si tutelano la risorsa ittica e il lavoro delle imprese. Al tempo stesso occorrerebbe reintrodurre una soglia di tolleranza per le catture accidentali a tutela di chi svolge in maniera corretta il proprio lavoro ma si ritrova a rischiare pesanti sanzioni solo per essersi ritrovato nelle reti anche un solo pesce sotto misura. Oltre a ciò, serve fermare le deroghe alle pesche speciali, come quella del bianchetto, che catturano le varietà più giovani di sarde, acciughe, saraghi e altro pesce azzurro con grave danno per la risorsa ittica”.   

Il settore della pesca – secondo dati di ImpresaPesca Coldiretti - vede impegnate 13.300 imbarcazioni, mentre la top-ten delle produzioni è guidata dalle acciughe (54.312 tonnellate), seguite da vongole, sardine, naselli, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie, pesce spada e sugarelli. La classifica delle produzioni per volume di fatturato vede invece primeggiare il nasello (90,5 milioni di euro), davanti ad acciughe, seppie, gamberi bianchi, scampi, pesce spada, gamberi rossi, vongole, pannocchie e sogliole.

LA TOP TEN DELLA PRODUZIONE DI PESCE ITALIANO PER SPECIE
Specie                    Tonnellate
1 Acciughe               54.312
2 Vongole                 17.328
3 Sardine                 15.276
4 Nasello                  12.038
5 Gamberi bianchi  9.554
6 Seppie                  9.521
7 Pannocchie           6.464
8 Triglie                    6.085
9 Pesce spada        5.120
10 Sugarello            4.218
Fonte: Elaborazione IMPRESAPESCA Coldiretti su dati Irepa, Istat


LA TOP TEN DELLA PRODUZIONE DI PESCE ITALIANO PER VALORE
Specie                        Ricavi in euro
1 Nasello                  90.557.000
2 Acciughe               87.612.000
3 Seppia                  75.234.000
4 Gamberi bianchi  69.898.000
5 Scampi                  68.181.000
6 Pesce spada        61.276.000
7 Gamberi rossi      55.924.000
8 Vongole                 51.795.000
9 Pannocchie           39.748.000
10 Sogliola               34.544.000
Fonte: Elaborazione IMPRESAPESCA Coldiretti su dati Irepa, Istat

da Coldiretti.it

  
N.90 – 5 Febbraio 2011

CONSUMI: COLDIRETTI, CON - 6 % CROLLA PESCE SU TAVOLE ITALIANI

Crolla il consumo di pesce sulle tavole degli italiani con una riduzione record del 6 per cento nel 2010. E’ l’allarme lanciato da ImpresaPesca Coldiretti sulla base delle elaborazioni su dati Ismea relativi al settore ittico dalle quali emerge la crisi che sta interessando l’intero settore con il rischio di lasciare i pescherecci italiani a terra mentre l'Istat inserisce il salmone di importazione nel nuovo paniere per il calcolo dell'inflazione.

Il calo degli acquisti domestici riguarda allo stesso modo il pesce fresco (-6 per cento), così come quello di surgelato (-6 per cento) e congelato (-5 per cento) secondo le elaborazioni relative ai primi dieci mesi del 2010. La maggiore riduzione - sottolinea ImpresaPesca Coldiretti - è fatta però segnare dal pesce azzurro con gli acquisti di alici che sono diminuiti di addirittura il 13 per cento, nonostante le note proprietà. Non va certo meglio per il pesce bianco con i consumi di merluzzi e naselli che - precisa ImpresaPesca Coldiretti - sono in calo del 12 per cento.  

Una situazione che si riflette negativamente sulle marinerie italiane. Particolarmente difficile la situazione nella fascia Adriatica dal Friuli fino alla Puglia, passando per Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo dove si rileva una drastica riduzione del pescato. Le difficoltà per il settore - continua ImpresaPesca Coldiretti - vengono anche dal commercio con l'estero. Le esportazioni di pesce azzurro in Spagna, uno dei principali mercati per il prodotto italiano, sono diminuite del 23 per cento a causa della crisi economica che interessa la penisola iberica, ad ottobre 2010 rispetto all'anno precedente.

Crescono invece le importazioni dall’estero con tre piatti di pesce su quattro che si consumano in Italia che sono stranieri ma nessuno lo sa, soprattutto per quanto riguarda quello servito al ristorante dove Impresapesca Coldiretti chiede venga introdotta anche l’indicazione della provenienza nei menu, per tutelare i consumatori e difendere le produzioni Made in Italy dall'import straniero che mette in ginocchio i pescatori.
  
“Tutto ciò accade in un periodo che dovrebbe essere uno dei più remunerativi dell’anno ma purtroppo il settore è quasi al collasso con la minaccia di lasciare i pescherecci a terra poiché i costi di produzione sono ben più alti dei ricavi - denuncia Tonino Giardini, presidente di ImpresaPesca Coldiretti -. Una situazione che è figlia di politiche sbagliate effettuate nel passato con il via libera a sistemi di pesca troppo impattanti per l’ecosistema. Ora serve mettersi intorno a un tavolo e trovare soluzioni per evitare la crisi definitiva”.  

Il settore della pesca vede impegnate - precisa ImpresaPesca Coldiretti - 13.300 imbarcazioni mentre la top-ten delle produzioni è guidata dalle acciughe (54.312 tonnellate), seguite da vongole, sardine, naselli, gamberi bianchi, seppie, pannocchie, triglie, pesce spada e sugarelli. La classifica delle produzioni per volume di fatturato vede invece primeggiare - conclude ImpresaPesca Coldiretti - il nasello (90,5 milioni di euro), davanti ad acciughe, seppie, gamberi bianchi, scampi, pesce spada, gamberi rossi, vongole, pannocchie e sogliole.

da ilfattoalimentare.it

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  • Allarme della Fao: il pesce risorsa a rischio a causa dell'aumento vertiginoso dei consumi

    Il 31 gennaio la FAO ha presentato a Roma l’ultimo rapporto del suo “Department on Fisheries and Aquaculture” sulla situazione globale di pesce e acquacoltura nel 2010. I consumi hanno superato ogni record, al punto da creare allarme sulla disponibilità e la preservazione delle risorse ittiche planetarie.
    Il rapporto, “The State of World Fisheries and Aquaculture, 2010”, inaugura la 29a sessione dei lavori del “Committee on Fisheries” (COFI), un organismo a latere del Consiglio FAO che oggi costituisce l’unico Forum inter-governativo ove sono periodicamente esaminate e discusse le questioni internazionali relative alla pesca e all’acquacoltura; sono condivise raccomandazioni da trasmettere ai governi, agli organismi regionali per la pesca, alle ONG, ai lavoratori del settore, alla FAO e alla comunità internazionale; sono negoziati accordi globali e strumenti non vincolanti.
    Secondo il nuovo rapporto, il contributo dei prodotti ittici alle diete delle popolazioni ha raggiunto nel 2010 un livello senza precedenti, circa 17 chili per abitante nel 2010. In pratica, 3 miliardi di persone hanno soddisfatto con il pesce almeno il 15% del loro fabbisogno medio di proteine animali. “Questa crescita si spiega principalmente con lo sviluppo dell’acquacoltura, che si prevede supererà la pesca” in quanto fonte primaria di approvvigionamento dei prodotti ittici. Tuttavia, la FAO rileva che “nessun miglioramento è stato osservato sulla situazione delle riserve ittiche”. In poche parole il consumo di pesce è aumentato a dismisura ma l’offerta degli allevamenti ittici, se pure incrementata, non è comunque sufficiente a impedire una situazione di iper-sfruttamento dei giacimenti naturali. Le riserve naturali sono in fase di lenta ricostituzione - hanno infatti di poco superato i livelli minimi raggiunti nel 2006 - ma questo recupero viene eroso da un più rapido tasso di crescita dei consumi.
    La situazione è insostenibile, e c’è bisogno di un intervento urgente per ristabilire al più presto le riserve marine, sottolinea il rapporto. “Il fatto che la situazione delle riserve non è migliorata in misura apprezzabile desta una grave preoccupazione”, ha dichiarato Richard Grainger, uno dei responsabili editoriali del rapporto FAO. “L’iper-sfruttamento deve diminuire, a prescindere dai livelli che abbiamo sinora stabilito”.
    Gli autori del rapporto suggeriscono perciò di aumentare gli sforzi per il rafforzamento dei controlli. Sottolineano l’esigenza di affrontare con apposite misure, anche di tipo commerciale, i problemi legati alla pesca illegale, alla pesca non dichiarata e a quella non regolamentata (IUUF, “Illegal, Unreported and Unregulated Fishing”). Misure quali l’interdizione dei mercati internazionali ai prodotti che derivano da queste pratiche, nell’ottica di migliorare la gestione del settore e ridurre i livelli di iper-sfruttamento.
    Uno studio pubblicato il 22 novembre scorso dal Comitato Tecnico FAO che si occupa di IUUF, già citato anche dal Fatto Alimentare, stima il valore annuale delle attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata tra i 10 e i 23,5 miliardi di dollari US. Il nuovo rapporto FAO ribadisce quindi la necessità di dar vita al “Global Record”, un registro mondiale delle imbarcazioni impiegate nella pesca. L’idea è quella di attribuire un “numero unico d’identificazione” a ciascuna imbarcazione, un codice unitario che prescinde da passaggi di proprietà e da cambi di bandiera. Il “Global Record” sarà accessibile a tutte le autorità nazionali e internazionali deputate ai controlli, grazie a un portale web, nell’auspicio di favorire il contrasto alle attività criminose che minacciano la sopravvivenza dei nostri mari e dei loro eco-sistemi.
     Al di là e al di fuori dell’emergenza, il rapporto incoraggia l’adozione di un approccio alla pesca “per ecosistemi”: dato atto della rapida crescita della domanda di prodotti ittici, bisogna definire su scala locale appositi modelli di gestione sostenibile delle risorse acquatiche. Contemperando le esigenze sociali, di consumo, con i contesti ambientali e lavorativi ove la pesca si svolge. Nel complesso, le attività di pesca e acquacoltura danno da vivere a 540 milioni di persone, l’8 % della popolazione mondiale. I cittadini del pianeta non hanno mai consumato tanto pesce, e l’occupazione nella filiera produttiva è aumentata considerevolmente.
    “Il pesce è un alimento di buona qualità e ricco in proteine, e il settore contribuisce in misura rilevante alla sicurezza degli approvvigionamenti mondiali di cibo”, ricorda Grainger. Ma tutto ciò potrebbe finire presto, in assenza di regole condivise e di controlli.

    Dario Dongo

    Per maggiori informazioni:
    -La notizia
    -Il rapporto in francese: “La situation mondiale des pêches et de l'aquaculture”
    -Il rapporto in inglese: “The State of World Fisheries and Aquaculture”